La sentenza della Grande Camera della Corte Edu ha riguardato due tre distinte ipotesi di confisca disposta su immobili per reati edilizi. Nel primo caso La Corte Edu ha riconosciuto la violazione delle norme convenzionali nell’ipotesi della confisca del noto complesso di punta Perotti di proprietà di soggetto terzo estraneo al reato edilizio. Secondo il ricorrente la confisca di beni appartenenti a terzi in relazione a un procedimento penale poteva essere ordinata solo nella misura in cui quest’ultimo aveva partecipato alla commissione del reato, in termini di contributo oggettivo e soggettivo. La Corte corte ha dichiarato la illegittimità di una disposizione nazionale che, da un lato, disponendo la confisca automatica a seguito di una violazione di una norma di tutela ambientale e paesaggistica, non consente ai giudici di verificare quali sono gli strumenti più appropriati in relazione alle circostanze specifiche del caso o, più in generale, di valutare la legittimità dello strumento rispetto ai diritti delle persone colpite dalla sanzione. Dall’altro, si afferma che, nelle ipotesi in cui il soggetto colpito dalla misura non sia stato parte del procedimento, costui non avrebbe potuto beneficiare di alcuna delle garanzie procedurali previste dalle norme nazionali e sovranazionali, così configurandosi una violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione a causa della natura sproporzionata della misura di confisca.Una seconda statuizione enunciata dalla Corte riguarda la violazione dell’articolo 6 § 2 CEDU che stabilisce il principio della presunzione di innocenza: secondo la Corte, stante la natura di garanzia procedurale nel contesto del processo penale, la presunzione di innocenza ha, nel caso di specie, la finalità di proteggere le persone che sono state assolte, o nei confronti dei quali sono stati sospesi i procedimenti penali, “dall’essere trattate da funzionari pubblici e autorità come se fossero di fatto colpevoli del reato addebitato. […] Senza protezione per garantire il rispetto per l’assoluzione o altra decisione favorevole in qualsiasi altro procedimento, le garanzie di equità processuale dell’articolo 6 § 2 potrebbero rischiare di diventare teoriche e illusorie.” Secondo la Corte, una volta concluso il procedimento penale viene in essere un interesse della persona alla tutela della sua reputazione e il modo in cui tale persona viene percepita dal pubblico, “In una certa misura, la protezione offerta dall’articolo 6 § 2 in questo contesto può sovrapporsi alla protezione offerta dall’articolo 8”. Prosegue la Corte affermando che “la colpevolezza non può essere legalmente stabilita se il procedimento è stato chiuso da un tribunale prima della raccolta delle prove o dello svolgimento di udienze che avrebbero consentito al tribunale di determinare il caso nel merito (vedere Baars c. Paesi Bassi, n. 44320/98, §§ 25-32, 28 ottobre 2003, e Paraponiaris, citata sopra, §§ 30-33). A titolo di esempio, nel caso di Didu c. Romania (n. 34814/02, §§ 40-42, 14 aprile 2009). Dunque, secondo i Giudici di Strasburgo vi è violazione dell’art. 6 § 2 CEDU nel caso in cui il giudice di ultima istanza annulla le decisioni di assoluzione pronunciate nei gradi inferiori affermando, da un lato, la colpevolezza dell’imputato e, rilevando, dall’altro l’intervenuta prescrizione: ciò poichè, stando al principio espresso, “i diritti di difesa non sono rispettati nel procedimento dinanzi ad esso, quando il tribunale di ultima istanza è stato il primo giudice ad aver riconosciuto colpevole il ricorrente. Allo stesso modo, in Giosakis c. Grecia (n.3) (n ° 5689/08, § 41, 3 maggio 2011). Nella causa giudicata, il ricorrente, condannato in primo grado, fu assolto in appello e la misura di confisca disposta dal primo giudice fu revocata dopo che il piano di di costruzione fu trovato compatibile con il piano di utilizzo del suolo e i regolamenti di pianificazione. Successivamente tale decisione è stata annullata, senza rinvio, dalla Corte di cassazione, che ha accertato che la responsabilità del ricorrente pur affermando l’intervenuta prescrizione del reato. In ragione di questa pronuncia vi fu reviviscenza del provvedimento emesso dal giudice di primo grado concernente la confisca dell’immobile. La Corte Edu, riconosce nelle motivazioni che “il ricorrente è stato quindi dichiarato colpevole, in sostanza, dalla Corte di cassazione, nonostante il fatto che il perseguimento del reato in questione fosse prescritto. Questo fatto viola il diritto alla presunzione di innocenza”. In allegato il testo (in inglese) della sentenza.
CASE OF G.I.E.M. S.R.L. AND OTHERS v. ITALY